“L’uomo di Kansas City” si imbatte in castelli, borghi di montagna e personaggi. Alcuni estratti di racconto di viaggio scritto da Luciano Bianciardi e pubblicato su Le Vie d’Italia, mensile del Touring Club.
L’articolo è di Jori Diego Cherubini ed è stato pubblicato sul Corriere Fiorentino (edizione Toscana del Corriere della Sera)
Santa Fiora è un angoletto esposto a mezzogiorno, ben riparato, sì che vi crescono le rose, la mimosa, i gerani, e fanno ombra immensi abeti, e cedri del Libano e pini». La descrizione è di Luciano Bianciardi, nel reportage Giro del monte Amiata – pubblicato nel febbraio 1960 su Le vie d’Italia, storico mensile del Touring Club – che vi riproponiamo nell’anno in cui si celebrano i 50 anni dalla scomparsa. Il grande scrittore grossetano salì in una montagna «selvaggia e sconosciuta», descrivendola dai borghi: «casupole dai muri grezzi, senza intonaco», soffermandosi poi sui problemi della vita moderna nel dopoguerra. Pagine ispiratissime, dove si rimane incantati dalla ricerca della parola perfetta, capace di spalancare immaginari suggestivi tra cronaca e reportage: «La gita in vetta è un obbligo a cui nessuno vorrebbe sottrarsi: è un balzo di oltre mille metri, e a ogni svolta di strada senti mutare la qualità dell’aria, che si fa sempre più sottile, e la qualità della luce, filtrata ora dai castagni ora dai faggi. In cima il termometro è sullo zero, ma lo spettacolo ripaga il freddoloso uomo di città: a meridione i monti Cimini, a settentrione l’Appennino modenese, a ponente il luccichio del Tirreno e la mole confusa dell’Elba. Giurano che nelle giornate più chiare si scorge anche Roma».
L’ANTROPOLOGIA DI BIANCIARDI SI FERMA ANCHE SULLE PERSONE
La capitale, a onor del vero, non si può scorgere considerando che è frapposta dal monte Soratte. Bianciardi s’imbatte poi nei nuovi impianti di sport invernali, timido esordio tra le stazioni sciistiche: «piste che scorrono tra i faggi e una slittovia che sembra tagliare in due il bosco». Più a valle ecco le vite agre di boscaioli, barrocciai e minatori. L’esplorazione «da scrittore vero» somiglia a una ricerca sul campo, stile Marc Augé. Quand’anche al posto dei non luoghi l’antropologia di Bianciardi si sofferma su persone in carne e ossa. C’è un Bargagli di Arcidosso «a capo della setta dei giurisdavidici — i seguaci di David Lazzaretti — Indossa una casacca rossa con la croce e la doppia C, che sta a significare la seconda venuta di Cristo». Sempre ad Arcidosso incontra tale Tommencioni: «Gli chiesi se era opera sua un rozzo paio di scarpe che vedevo sopra uno stipo. Mi disse di no: erano le scarpe che portava “il povero Davide” quando cadde colpito in fronte». È meravigliato, l’autore, dall’imbattersi in una comunità tenuta in vita da riti e liturgie proprie: «salgono in processione sul monte Labbro, vi sostano in preghiera e in penitenza, si comunicano col pane e con l’agnello; hanno anche il battesimo, con un sigillo immerso nell’olio bollente che lascia sul petto il segno di Davide». Il territorio è descritto come austero: «sembrava fatto apposta per insegnare la parsimonia: di pane, di castagne, di legumi, di acqua fresca e di aria buona si nutrivano gli amiatini, e il senatore Barzellotti (…) dava a questa alimentazione il merito del bel rosato che avevano in faccia i suoi conterranei, confrontandoli coi ceffi pallidi dei signorini maremmani che venivano su in carrozza a passare l’estate». Ad Abbadia San Salvatore: «la vita ha un piglio cittadinesco e gli abitanti sono i bergamaschi della Toscana, perché parlano un dialetto che suona duro, se lo paragoni alla parlata morbida, burrosa, del capoluogo che è Siena». L’«uomo di Kansas City» s’imbatte in castelli, monasteri e rocche. Come quella di Piancastagnaio: «tetragona e poderosa, degna di quei turbolenti signori che furono gli Aldobrandeschi». A Castel del Piano c’è un bastaio, mestiere già obsoleto, ma anche il coro dei Cardellini: «cantano come un’orchestra ben organizzata». In 50 anni la montagna ha mutato il suo aspetto: le case hanno (quasi tutte) l’intonaco, sono comparsi nuovi impianti di risalita e infrastrutture; ma la descrizione consegnata ai posteri da Bianciardi riverbera – fedele nello spirito – ieri come oggi.